Deve certamente trattarsi di un'altro testo, La Dissertazione sui Vampiri è di Giuseppe Davanzati, a tal proposito Vi propongo un passo tratto dalla "Dissertazione sopra i Vampiri di Giuseppe Davanzati". Questo saggio pubblicato nel '700 analizza a fondo il problema dei non-morti e cosa la chiesa potesse fare nei suoi riguardi (gran poco oserei dire). Il brano è piuttosto lungo ma chi volesse cimentarsi nella lettura lo troverà decisamente interessante, e capirà come mai non a caso Il Davanzati sia stato considerato un cattolico illuminista!
Invero la sua soluzione al problema è pretenziosa e riduttiva, ma non pùò non apprezzarsi lo sforzo intellettuale e l'acume di quest'erudito uomo di chiesa, che in certi passi sembra addirittura essere l'antesignano di certa moderna Psicologia.
CAPO XV Che l'apparizione de' Vampiri non sia altro che puro effetto di Fantasia.
Mi sono ad arte, più che non doveva, dilatato un poco troppo su questo precedente capitolo della fantasia, perché essendo essa la base della soluzione dello strepitoso problema de' Vampiri, mi è stato necessario spiegarne con qualche poco di prolissità tutte le sue proprietà ed effetti, che possono venire da essa cagionati. E' tempo ormai dunque di avvicinarci al disciframento e disviluppo di questo gran fenomeno de' Vampiri, che colle sue strepitose apparenze ha messo in costernazione non solo que' popoli ove sogliono avvenire, ma molti ancorché lontani, dalle relazioni e dalle gazzette, che di colà a noi continuamente capitano, non può farsi di meno di prendersene dell'orrore e dello spavento. Dico dunque che per isciogliere e schiarire questo fenomeno non vi è d'uopo più ricorrere in cielo per i miracoli, né all'inferno per i demoni, né su la terra per invenirne le cagioni, né molto meno vi è di mestieri ricorrere a' filosofi per consultarne i loro sistemi. La vera causa di queste apparenze, chi brama di trovarla, non altrove la potrà trovare che in se stesso, e fuori di se stesso non la troverà giammai; la vera ed unica cagione de' Vampiri è la nostra fantasia corrotta e depravata. In questa sola si trovano le larve, gli spettri, l'ombre, i fantasmi; in questa sola si ritrovano quegli uomini morti, che sì sovente colà compariscono, fuori di noi e della nostra immaginativa, non vi sono né larve, né uomini morti: tutto ciò che colà si vede e si narra, tutto consiste in loro stessi, cioè nella loro fantasia che gli fa travedere, e stimano di vedere ciò che altrove non è, che in loro stessi solamente secondo quel comune adagio, quod petis intus habes. Mi persuado bene che a prima vista la soluzione di questo mistero non gradisca molto a chi si trova prevenuto dall'ignoranza, e sopra tutto dalla superstizione, o vogliam dire dal pregiudizio, ma se mi si darà luogo, spero a poco di dissingannarli, e colle ragioni che anderò divisando di renderli capaci e persuasi a segno, che non potranno fare a meno di non rimettersi ed uniformarsi al mio parere. Dico primieramente che se la fantasia, come poco fa si è detto, può di notte noi dormendo rappresentarci al vivo demoni, larve, fantasmi e uomini già morti per vivi, farci con quelli parlare, conversare, mangiare, bere e in fin con essi dormire e trastullarci e farli vedere così al vivo, come fossero realmente vivi e non già morti, fino anche giurereste esser quelle apparenze verissime a segno, che sognando non ti arresteresti di dire quelle apparenze non essere in sogno, ma vederle realmente vegliando; perché dunque la medesima fantasia non potrà far lo stesso vegliando? Maggiormente, ch'essendo la medesima potenza tanto dormendo, quanto vegliando, si dee credere che abbia le medesime forze e la medesima attività, e forse maggior vegliando che dormendo. Mi si potrebbe risponder all'imbrocco, con dirmisi esserci una gran differenza fra il dormire ed il vegliare, quando si dorme l'anima si ritrova co' sensi sopiti; ma quando si veglia la ragione presiede che dissinganna, e fa distinguere il vero dal falso, le vere apparizioni dalle finte e chimeriche, e specialmente quelle che si ricevono in sogno. Alla quale opposizione si risponde che quando Teodorico re de' goti vide in tavola in vece della testa del pesce, la quale era veramente tale, il capo reciso di Simmaco, era ancora egli vegliando e non già dormendo, e pure s'ingannò in prendere un oggetto per l'altro: dunque poco importa o che si vegli o che si dorma, allorché la fantasia è gagliarda e vuole operare a suo capriccio, e se mai il fatto di Teodorico si mettesse in dubbio può supplire l'autentico di Nabuccodonosor, re di Babilonia, il quale di giorno, e con gli occhi aperti, e non di notte la fantasia lo fece a se stesso conoscere trasformato in bue, quando effettivamente era egli un uomo come prima; onde restando nel suo vigore la prima ragione si torna a conchiudere, che se la fantasia in sogno fa fare simili metamorfosi e tali apparizioni, non è più meraviglia che le possa eseguire ancora vegliando come sono quelle de' nostri Vampiri. Tornano contra questa ragione a rispondere, dicendo che la cagion in Teodorico di farlo travedere e di fargli vedere sotto le vere apparenze di un pesce il capo di Simmaco fu il timor panico, che aveva, e l'orrore che provava in se stesso, per una morte sì ingiusta che aveva fatto eseguire contra un senatore sì dotto ed innocente; per lo che avendogli questo timore perturbata la mente e confuse le specie, non è gran meraviglia che travedesse e stimasse una cosa per l'altra. Bene assai. Ma qui appunto aspettava l'avversario; dunque il panico timore che conceputo aveva Teodorico per l'eccesso commesso fu ciò che perturbò la sua mente, o per dir meglio la sua fantasia a farlo travedere nella testa del pesce quella di Simmaco; la stessa cagione appunto, cioè il panico timore, che preventivamente si fissa nella fantasia di coloro a' quali si fa l'apparizione de' Vampiri, è questo appunto che gli fa travedere, e vedere una cosa per l'altra, cioè gli fa vedere il fantasma di quelli stessi uomini morti, che prima fissi teneano nella loro fantasia, nella quale unicamente hanno la lor esistenza queste orribili apparizioni, che decantano senza aversi bisogno d'andarle altrove cercando, e fuori di se stessi trovando. In oltre se la fantasia ha tanta forza d'ingannare a tal segno un uomo che non arriva a conoscere più se stesso per se stesso, malo fa ravvisare per un altro ch'egli non è effettivamente come si dimostra pel fatto testé accennato del re Nabucco, il quale in vece d'uomo si conosceva per un bue e come tale portossi in campagna a pascere e conversare cogli altri bruti: perché a fortiori non avrà pari forze a far conoscere altri per quel che non sono? Perché parmi che in buona filosofia sia vero che ci voglia maggior occasione d'inganno per ingannar se stesso, cioè per giungere a non far conoscere se stesso per se stesso, che per non far conoscere un altro per quel che veramente egli non sia. Or dunque se la fantasia conforme si è già dimostrato ha tanta forza ed efficacia di non far più conoscere se stesso sotto le proprie apparenze d'uomo, ma d'una bestia, perché non avrà l'istessa potenza, e anche forse maggiore per far ravvisare un altro sotto fantastiche apparenze? Ciò supposto, ecco il fenomeno de' Vampiri, a mio credere, tutto buttato a terra e ridotto a non aver altra esistenza se non che nella sola fantasia di coloro che li vedono; perché siccome un uomo può di giorno e co' propri occhi vedere se stesso trasformato in un altro immaginariamente, potrà senza dubio vederne un altro così trasformato fantasticamente ancora. Se la fantasia colla veemenza de' suoi spiriti ha la potenza di operare fisicamente tanto in se stesso quanto fuori di sé, cioè a dire può produrre effetti reali e fisici nel proprio corpo ed in quello degli altri, e ciò con prontezza mirabile conforme poco fa si è dimostrato coll'autorità di gravissimi autori, e colla serie addotta di classici esempi, come sarebbe a dire di istantanee sanazioni, di morti repentine, di piaghe e tumori sul corpo proprio, e di macchie e di voglie ne' feti, ed altri, e ciò per una veemente apprensione e trasmissione di spiriti: perché non potrà aver forza di cagionare in noi una semplice operazione effimera e pura immaginaria, quale è quella d'una semplice rappresentazione d'una specie per un'altra? Potrà questa trasfondere nel feto istantaniamente una specie reale di cosa fisica, ed ivi tenacemente imprimerla, potrà con una forte apprensione cagionar sul proprio corpo un ulcero, una piaga, che sono effetti fisici, e non potrà rappresentare all'occhio proprio una specie ideale e fantastica di un altro? Potrà, dico, un semplice vetro farci apparire per un oggetto deforme e mostruoso un corpo, che sarà in tutte le sue parti proporzionato: potrà l'arte colla semplice combinazione di due vetri e con un poco di lume riflesso rappresentare alla vista effigie di demoni, larve e spettri, e non potrà ciò fare la fantasia, che è la regina motrice di tutte le metamorfosi nell'uomo? Potrà una semplice refrazione, che non è altro che un poco d'aria o corpo più o meno opaco, farci vedere nell'acqua un remo per rotto quando egli è intiero, una moneta che stando nel fondo d'un vaso, che non si può vedere con immergervi un poco d'acqua, farcela vedere a galla dove non è: il corpo del Sole, che già sta immerso nel mare per più gradi, cioè sotto l'orizonte per più gradi farcelo osservare sopra di esso elevato per due o tre o più gradi? Più, una semplice situazione di luogo da una parte o l'altra fare osservare con ammirazione de' riguardanti in quelli quadri, o pitture, che si chiamano di prospettiva, riguardati solamente da un luogo rappresentare un s. Girolamo, con mettersi un passo dall'altro lato scorgersi la figura d'un demonio: da una parte contemplarsi un giardino tutto di delizie ripieno, dall'altro un orrido deserto di rupi e di balze tutto impraticabile. Ora se l'arte sola può a tanto giungere, e di mezzo giorno illudere la nostra vista di modo tale che cogli occhi proprj e già prevenuti vediamo ciocché non è, che grari meraviglia sia che ciò possa operare la gran potenza della fantasia, facoltà vivente recettacolo di tutte le metamorfosi ed apparenze diverse nell'uomo? Tutto ciò da chi legge si può assai bene applicare a' nostri Vampiri. Vorrei per mia curiosità domandare a cotesti signori Vampiristi, perché queste sì strepitose apparenze, o siano di diavoli o siano d'uomini già morti, accadono solamente in coteste parti, cioè in qualche villaggio della Moravia e dell'Ungheria, come anche perché si facciano quelli solamente vedere da uomini e da donne semplici, dozzinali e di bassa lega, e non accadono in altre parti principali di Europa, ed appresso persone nobili e di qualità, o pure scienziati, e di qualche dignità? Se non mi daranno eglino risposta dirò io la ragione perché. Perché o non sarebbero introitate, né sposate o credute per vere cotali apparenze, o per meglio dire terricolamente di vecchiarelle a fanciulli, o pure sapendone la cagione non farebbono ne' popoli impressione veruna. Diciamolo pure apertamente. Essendo cotesta gente ove si dice accadere queste apparizioni ente idiota ed ignorante e semplice, dedita molto al vino (parlo della gente ente che ingombra più d'ogni altro la mente e confonde le specie, prevenuta sopra tutto dal timore e dallo spavento di simili timori, mantenuta parimente in simile credenza e superstizione da' loro piovani parimente creduli ed ignoranti, facilmente avviene che la di lei fantasia prevenuta da tali .spauracchi e spaventi concepisca da se stessa de' fantasmi, e le faccia per tali comparire all'occhio di quella gente, la quale si crede, per altro senza mentire, di vedere cogli occhi propri quegli uomini morti comparire, discorrere e trattare con essoloro in quella maniera appunto che gliele suggerisce la propria di lei fantasia guasta e corrotta. Laddove appresso altre nazioni colte e ripiene d'uomini dotti e spregiudicati queste apparenze, o per dir meglio quest'inganni della fantasia non farebbero breccia veruna, ed in conseguenza non si odono mai simili comparse, né d'uomini morti, né di demoni, né d'anime dannate; ma solamente conforme ho detto appresso popoli ove regna l'ignoranza e la superstizione. Perché finalmente se queste apparizioni fossero qualche altra cosa che semplici effetti di fantasia, perché non dovrebbero qualche volta a~ patire per esempio in Napoli, in Roma, in Parigi, in Londra, o in qualche altra città cospicua di Europa? Forse cotesti uomini idioti a' quali appariscono questi fenomeni fossero scelti dalla divina Providenza, acciò potessero servire ai popoli di preconi, affinché si emendassero de' loro errori? 0 forse che l'anime di que' poveri foresi e contadini avendo più degli altri bisogno di essere sollevati nelle fiamme del purgatorio compariscono per chiedere da' loro parenti ed amici ajuto e soccorso? Se ciò mai fosse, crederei che questo ufficio di predicatori lo potessero fare assai meglio gli uomini dotti, che i contadini ignoranti, e che l'anime miserabili nel purgatorio ve ne siano ancora in altri paesi del mondo; dalché si conchiude che tutte queste apparenze altro non siano che pure illusioni ed effetti, come si è detto di pura fantasia. Oltre di che si potrebbe di Dio debba permettere simili apparizioni d'uomini morti? Non se ne potrebbe indagare presso a poco il perché, se non fosse quello, il che non si dee mai credere per far morire di morti sì tragiche tante povere persone, forse molte innocenti, di puro spavento e terrore; il che non si dee supporre dalla Providenza divina, la quale siccome abbiamo dagli esempli nelle sacre Carte non suole permettere simili miracolose apparizioni, e queste di molto rado se non che per fini urgentissimi moventi la sua divina volontà; come per esempio quando si trattò della sovversione ed incendio delle cinque città di Pentopoli mandò in figura di giovanetti due angioli a Lotte. Quando si giudicò di far esperimento della gran pazienza di Giobbe permise al demonio di tentarlo nella sua persona, e quando si pensò di liberare dal colpo della scimitarra l'innocente Isacco, inviò espressamente un angelo per trattenere il colpo vibratoli dal padre Abramo. E quando si trattò di liberare Gerosolima dall'armi di Sennacherib re di Assiria inviò due angeli per esterminare il suo esercito. Là dove in questo caso de' Vampiri non si sa escogitare verisimilmente niuno prudenziale motivo, per lo quale Dio si abbia a muovere per permettere consimili apparizioni, se non che al più come si è detto per fare strage di povera gente. Quinta ragione contro all'esistenza reale de' Vampiri, e che non siano altro ch'effeti di fantasia si ricava dalle istesse loro relazioni, e dai processi medesimi formati sul luogo da' giudici delegati cesarei. Da esse relazioni e processi si ricava che, fatta la perquisizione personale del supposto o indiziato Vampiro, si pubblica immediatamente la sentenza formale contro di esso, cioè contro al cadavere del Vampiro ad essere trafitto per mano del boja il suo petto con una lancia, ed indi immediatamente gli venga troncato il capo da esso pubblico carnefice a vista di tutto il popolo, e dopo ciò si pubblica di non potere più in avvenire il detto Vampiro comparire, né molestare veruno. Ciò fatto in effetti più non comparisce a fare le sue solite comparse quel cadavero così mutilato e reciso. Da sì fatto racconto, che altro ne può ricavare l'erudito e prudente lettore, se non che il popolo, assicurato con questo atto da ogni panico timore, e sgombratosi la di loro fantasia dalle specie lugubri e funeste di prima, e stabilitasi la mente in una calma e tranquilla pace, non ha più potere come prima la fantasia di più collocarle innanzi agli occhi l'immagini ferali di quegli uomini morti, che prima loro rappresentava? Ecco come da ciò evidentemente si ricava non essere queste apparizioni né opera divina, né diabolica, ma solamente immaginaria ed ideale; imperciocché se tali apparizioni fossero opera miracolosa o diabolica a che servirebbero questi atti barbari di traforamento di cuore, di recisione di capo? Tanto dopo di questo tornerebbero vie più a comparire i detti Vampiri, anzi forse m pena di detto atto barbaro e superstizioso, Iddio per maggiormente punirli permetterebbe vie più il ritorno ai medesimi; se dunque più non compariscono, segno chiaro si è che non essendo opera miracolosa, né diabolica, sia solamente effetto naturale, ed opera precisa della fantasia a cui unicamente sono proprie consimili metamorfosi. lo qui incidentemente non posso far di meno di non palesare ciò che sento, e si è che resto molto ammirato, come quei saggi e supremi tribunali di Cesare, e specialmente i vescovi a' quali incumbe per il loro ministero di custodire sarta tecta la purità della dottrina cattolica e libera da ogni superstizione, permettono, o almeno non si oppongono a tutto potere di non far dare esecuzione a simili atti barbari e superstizioni, quali sono quelli di incrudelirsi in sì fatta maniera contro ad un innocente cadavere, che dee essere non meno sacrosanto appresso i cristiani cattolici di quel ch'erano appresso i gentili, maggiormente, che tal superstiziosa funzione dà luogo agli empj e a molti di credere, conforme hanno malamente creduto e molti ancora credono, che doppo morte, e che dopo che l'anima spirituale si è dal corpo separata, vi resti ancora superstite in esso cadavere qualche altra sorte d'anima sensitiva, o sia ombra d'anima ragionevole: la quale dottrina non solo pregiudica notabilmente alla purità della cattolica religione, ma apre la strada ad una infinità di errori attinenti alla immortalità dell'anima e stato dell'altra vita, e ciò sia per incidenza solamente detto.
VI. Da quanto si è finora detto, se non m'inganno, abbastanza dimostrato mi pare di potere finalmente conchiudere che giacché il fenomeno de' Vampiri attribuir non si può a miracolo, né ad operazione diabolica, né ad altre cagioni naturali che siano fuori di noi stessi, bisognerà dirsi che la sola ed unica causa efficiente de' medesimi altro non sia che la loro fantasia corrotta, dalla quale quella povera gente, alla quale consimili apparenze accadono, non è meraviglia resta ingannata; e che prevenuta non meno dalla ignoranza che dal timore, le faccia travedere e credere quel che non è, né fu giammai se non che in lei stessa e nella propria fantasia. E vi par poco che questa potenza non venga in quella gagliardemente alterata dalle tante apparenze funeste, lugubri e terribili, che s adoprano in questa materia. La sola apertura de' sepolcri, che si pratica in consimili casi per ordine de' magistrati non è egli solo per se stesso bastante a cagionare spavento? Quell'atto barbaro che si fa per mano di pubblico carnefice in trapassare il cuore ed il petto ad un cadavero, non è egli un prosceneo, che basterebbe ad atterrire un cuor di leone? Quell'altro più atroce di troncarsi ad un povero morto per mano d'un boja il capo, non è egli un'azione che farebbe arricciare i capelli a qualunque uomo che intrepido fosse? E poi ci dobbiamo meravigliare che tutti questi spettacoli uniti insieme, non formino da se stessi idee terribili e spaventose nella fantasia di povere donnicciuole e poveri contadini, per li quali si faccia poi travedere e vedere figure che non sono, e che non hanno altra esistenza che in loro stessi e nella loro fantasia? II Cardano, uomo dotto, intrepido, e spregiudicato, narra egli di se stesso che un giorno tra gli altri essendosi fissato fortemente nella contemplazione di non so qual amoroso attacco, avuto tempo fa con una certa fanciulla, all'istante se la vide presente avanti al suo letto ove giaceva. Per lo che egli tutto trasportato dalla gioja, balzando dal letto, corse per abbracciarla, ma peggiore di Tantalo, in vece di stringere la fanciulla, strinse l'aura ed il vento; ora se un uomo sì dotto e spregiudicato arrivò ad essere ingannato dalla sua fantasia vegliando, e di giorno, qual effetto potrà giudicarsi potere la medesima potenza operare in persona ideota pervenuta d'un panico timore e dalla vista di tante scene funeste, maggiormente a questi se l'aggiunge il terrore di tante morti repentine cagionate dalla vista di sì orribili apparenze, una delle quali solamente, benché ideale bastò a recar spavento al cuore sì fermo del gran Bruto, e del gran Cassio, come ci attesta l'istoria di quel tempo. Concludiamo finalmente quest'altro capitolo coll'aureo detto di s. Agostino nel suo libro de Civit., il quale fa a meraviglia al nostro proposito: Multa mirabilia in mundo evenire dicuntur, guae aut falsa sunt, aut vana, multa guae ignotis causis stupenda videntur, sed naturalia sunt; multa vero, guae in nobis ex decepta imaginatione proveniunt, guemadmodum sunt ii, qui interdiu noetuque spectra vident, in aere volitant et per flumina grediuntur'.....
A presto J.