Grazie Niki!
Sto cercando di fare del mio meglio...
L'incontro misterioso...
La mattina scesi in cucina ed era già tutto pronto sul tavolo, la mamma aveva preparato tutto! Che carina! La vedevo poco a mia madre, quasi solo di sera e di sfuggita la mattina se riuscivo ad alzarmi presto, lavorava moltissimo e il suo lavoro la costringeva a trascorrere maggior parte del suo tempo fuori di casa…
Feci colazione assieme a Mary che mi salutò con aria stanca e stropicciandosi gli occhi.
“Maary!! Sei pronta??” quella ragazzina era sempre l’ultima ad uscire di casa, io in poco tempo ero pronta anche perché la sera preparavo i vestiti da mettere per la mattina seguente. “Si, si arrivooo!!”
Uscimmo di casa, l’accompagnai alla fermata dell’autobus e cominciai ad incamminarmi verso la scuola. Ero sola per il momento, ma mi sentivo strana, come se…Come se qualcuno mi stesse osservando insistentemente…D’un tratto mi fermai, mi voltai di scatto. Non vidi nessuno ma ci fu uno spostamento d’aria che mi fece rabbrividire come quella sera con Seth al parco. Ultimamente avevo sensazioni strane, ma cercavo spesso giustificazioni per queste cose.
Dovevo andare in biblioteca a riportare i libri di chimica, ma una volta li andai a curiosare tra i libri “oscuri” e trovai altri libri interessanti sui vampiri. Li presi. Ero incuriosita, affascinata da queste creature ma al contempo impaurita. Mi chiedevo come avrei reagito se ne avessi visto uno. Mi chiedevo se le descrizioni che facevano quei libri corrispondevano a realtà, ammesso che creature del genere potessero esistere, ovviamente.
Dopo la scuola incontrai Seth per un po’ sempre al solito posto, parlammo un po’, lo abbracciai e gli dissi che gli volevo bene come il primo giorno e che per me è la persona più importante del mondo. Non so bene il perché di quelle parole, ma sentivo di dover esprimere i miei sentimenti, di fargli sapere che lo amavo. A volte, anzi spesso, so essere strana…
Dopo la chiacchierata mi incamminai verso casa, il caldo stava fondendo il mio cervello, si respirava a mala pena. Ebbi un giramento di testa, mi sentivo svenire, mancava ancora un po’ per arrivare a casa. Decisi di andare al parco per sedermi un attimo su una panchina, in maniera tale da non spaventare Mary una volta arrivata a casa.
La testa continuava a girare, sentivo uno strano formicolio sul collo, non mi era mai capitata una cosa del genere e mi preoccupai.
Si alzò improvvisamente un vento che mi fece venire i brividi. Era un vento strano, in estate, in quel piccolo paesino dove abitavo c’era sempre e solo afa. Ma in quei giorni c’erano spesso quelle piccole folate di vento.
Ero seduta sulla stessa panchina dell’altra sera, alle mie spalle avevo una barriera di cespugli. Non era molto affollato il parco a quell’ora.
“Isabel” sussurrò una voce indistinta dietro di me, mi voltai pensando fosse uno scherzo di Seth, a volte li faceva questi scherzi, soprattutto da quando ha scoperto che leggo quei libri.
Non vidi nessuno. Il cuore batteva all’impazzata, certo, era giorno se fosse stato qualche maniaco urlando avrei potuto attirare l’attenzione di qualcuno almeno. Ma come faceva a sapere il mio nome? Il cuore non smetteva di battere insistentemente e mille pensieri mi vennero in mente, mi guardai attorno, per vedere se c’era qualche stupido che voleva farmi qualche scherzo.
Non c’era nessuno.
Mi alzai e mi incamminai verso casa, il giramento di testa non cessò, ma era meglio tornare.
Preparai qualcosa al volo per Mary, presi una carota per me e l’informai che non stavo molto bene e me ne andai in camera. Gettai sulla scrivania i libri, aprì la finestra e caddi sul letto. Continuai a leggere il libro, diceva che i vampiri hanno la capacità di muoversi velocemente, movimenti questi non percettibili dall’occhio umano. Si diceva che tali spostamenti sembrassero delle piccole folate di vento. Mi bloccai, interposi un pollice tra le pagine del libro per tenere il segno, guardai fuori dalla finestra. No, non poteva essere…Un vampi…No, era ancora giorno non poteva stare alla luce del sole (sempre stando a quanto diceva il libro) e poi riflettendo ancora i vampiri non esistono, non possono esistere…Incuriosita ripresi la lettura e scoprì molte cose su queste creature misteriose, potevano leggere nel pensiero, potevano affascinarti e convincerti di cose inesistenti solo con il loro sguardo magnetico, potevano spostarsi da una parte all’altra senza fare un passo, potevano essere dove volevano in qualsiasi parte del mondo. Finì il libro e cominciai a leggere quelli presi quella mattina in biblioteca. Cominciai ad incuriosirmi sempre più e iniziai a fare ricerche.
Non so perché lo feci, ma so solo che la descrizione fatta in quei manuali era affascinante, magnetica, elettrizzante e volevo saperne di più. Lessi un sacco di libri, a dire il vero finì tutti i libri della parte oscura della biblioteca, tanto nessuno andava mai in quel reparto. Pensai che quei libri fossero sottovalutati moltissimo, c’era chi preferiva andare a leggere libri come “Piccole donne crescono” o “Gente di Dublino” o tutti quei romanzetti che solo dei professori potevano costringerti a leggere.
Non mi resi conto dell’ora, erano già le sei e mezza. Presi il cellulare e vidi due chiamate perse e un messaggio. Era la mia amica Feith. Una ragazza all’antica, sempre con il sorriso sulle labbra pronta a starti a fianco nei momenti di bisogno. Era un tesoro. Solo lei riusciva a capirmi, bastava un solo sguardo e riuscivamo a “leggere” quello che l’altra pensava in quel momento e scoppiavamo sempre in grasse risate. Due matte.
Mi chiedeva se quella sera mi andava di uscire con il vecchio gruppo, che era formato da ragazzi con la quale siamo cresciute e di portare anche Seth.
Veramente non mi andava moltissimo di stare in compagnia quella sera, lo scrissi nel messaggio che le inviai. Io e lei ci dicevamo tutto, non avevamo problemi a dirci le cose come stavano, anche se queste potevano fare male a una di noi. Avevamo scelto la sincerità all’inizio della nostra amicizia ed entrambe rispettammo questa regola. Rispose con uno squillo. Sorrisi.
Preparai la cena a Mary che come sempre si era addormentata sul divano guardando i cartoni animati. La svegliai dolcemente e le dissi che andavo a fare due passi e di dire alla mamma che non sapevo quando sarei tornata. Scrissi un bigliettino per mia mamma, dove la informavo di tutto, che lasciai attaccato al frigorifero con una calamita a forma di delfino per sicurezza.
Quella sera avevo voglia di stare da sola, non so se vi è mai capitato, ma quella sera non volevo sentire ne parlare con nessuno. Volevo rimanere da sola con me stessa, lasciarmi trasportare dal flusso continuo dei miei pensieri. Tornai al parco. Li, in fondo, su quella panchina c’erano due innamorati che si scambiavano le coccole, spensierati e tre panchine più avanti c’era un gruppo di ragazzini che giocavano con le figurine di chissà quale cartone animato.
Stringendomi il golfino addosso, passai la vecchia statua del fondatore della città, Anderson Kelsen, un vecchio barbuto con uno strano e buffo cappello, ormai quella statua era ricoperta di qualsiasi tipo di sporcizia.
C’era un leggero venticello quella sera, mi accarezzavo dolcemente le braccia per riscaldarmi un po’. Vidi una panchina vuota più in la. La raggiunsi e mi sedetti. Era poco illuminata, ma non mi importava molto, volevo stare semplicemente da sola e riflettere. Non era successo nulla in particolare, ma sentivo questo bisogno. Era un po’ che non mi concedevo un momento da sola, uno spazio tutto per me.
Pensavo a Feith. Quanto era carina con me! Ci conosciamo praticamente dalla nascita, infatti sua mamma si trovava due stranze dopo quella di mia mamma in ospedale e siamo nate con due settimane di distanza l’una dall’altra. Sfido chiunque a non volerla come amica, è sincera al punto giusto, ci raccontavamo tutto. Mi sosteneva sempre. Il nostro è un legame forte e spero di poterle stare accanto , di poterla sentire anche dopo la fine della scuola, quando dovremo decidere che fare del nostro futuro. Una leggera folata di vento mi spostò una ciocca di capelli davanti agli occhi. La spostai con un gesto non curante e mi reimmersi nei miei pensieri.
Seth, l’amore della mia vita. Ormai erano due anni che stavamo insieme, possono sembrare pochi ma ne abbiamo passate di cose insieme. Aveva avuto diversi problemi economici con la famiglia ma cercava sempre di dare una mano in casa a volte trascurando lo studio. In più aveva avuto una storia con una ragazza della nostra scuola, Dalila, una ragazza viziata, piena di soldi fino ai capelli e avida. Suo padre era un prestigioso banchiere e la madre era un insegnante universitaria. Aveva folti capelli biondi, come quelli di Barbie (così la chiamammo io e Feith), crudeli no? Era stata severa con Seth, lo costringeva a farle dei regali costosi quando lui non poteva economicamente, lo trattava come uno schiavo e lui, credendo fosse amore la lasciava fare, fino a che un giorno, lo vidi sotto quell’albero, nel parco della scuola, mi avvicinai e cominciammo a chiacchierare e chiacchierare. Mi raccontò tutto, di Dalila, della sua famiglia, delle sue passioni. Ad un tratto si voltò verso di me quasi commosso dal mio gesto e mi disse: “Ti voglio bene” io rimasi spiazzata, non me l’aspettavo, io ero solo andata li perché lo vedevo triste e disperato e volevo sapere se fosse tutto a posto. Sorrisi e gli dissi se gli andava di scambiare qualche chiacchiera ogni tanto io ero a sua disposizione, gli diedi il mio numero di cellulare. Mi abbracciò. Ero appagata, felice, avevo il cuore pieno di gioia quel giorno. Interruppi i miei pensieri disturbata dalle continue folate di vento attorno a me.
C’era silenzio nel parco, per lo meno dove ero seduta io. E ricominciò. “Isabel” una voce strana, fredda e metallica allo stesso tempo. Mi voltai verso la statua, stavolta proveniva da li. “Isabel” continuò, non me ne accorsi subito ma tremavo, il cuore faceva un sacco di pulsazioni al millesimo di secondo. Mi alzai, andai verso la vecchia statua con passo felpato, come se non volessi fare del rumore. Il cuore continuava la sua attività freneticamente. Mi sentì afferrare un braccio e qualcuno mi mise con le spalle contro quella fredda statua di bronzo. Ero pronta ad urlare, credevo fosse un maniaco. Ma mi ritrovai con la bocca serrata da una lunga mano bianca, anzi di un colore livido. Serrai gli occhi e cercavo di pensare a qualcosa di tranquillo, dovevo stare calma, ero forte, non dovevo aver paura.
Riaprì lentamente gli occhi, sperando fosse un brutto sogno, vidi davanti a me, illuminati da un fascio di luce, degli occhi color ghiaccio, con delle ciglia foltissime e qualche ricciolo qua e la che interrompeva la visione di questo sguardo penetrante.
Volevo urlare per attirare l’attenzione e mettermi in salvo da quello sconosciuto, ma improvvisamente disse: “No! Non farlo! Potrebbe essere rischioso!” continuava a fissarmi con aria sicura, io non riuscivo a muovermi, ero immobilizzata nonostante avesse mollato la sua stretta morsa attorno i miei polsi. “Chi sei? Cosa vuoi?” dissi cercando di stare tranquilla, ma non lo ero per niente chi volevo convincere?
“Sai già cosa voglio…” disse con un mezzo sorrisetto che mi fece rabbrividire, “E per quanto riguarda il CHI sono…Ecco, forse sarebbe meglio dire COSA sono…Comprendi, mia cara?” continuava a fissarmi con quello sguardo pietrificante e lussurioso.
Appena terminata quella frase pensai “Tu sei….Sei…” non avevo nemmeno il coraggio di pensarlo né di dirlo. Cercando di sedurmi con il suo sguardo che mi spaventava ma allo stesso tempo mi attraeva rispose secco: “Si, un Vampiro!”
Ma io non avevo aperto bocca…Come poteva sapere che io pensavo a…Solo un essere di quel genere poteva farlo…E lui lo era…
Facendomi coraggio gli offrì il collo: “Ok, fa quello che devi e vai via..” dissi ingenuamente, non sapendo che i vampiri una volta succhiato il sangue di una vittima la portano alla morte. Lui non si fece pregare due volte. Avvicinandosi al mio collo sottile e delicato gli spuntarono due canini affilatissimi come coltelli.
“Ahh!” esclamai dal dolore, serrai nuovamente gli occhi per pensare ad altro, ma mentre succhiava il mio sangue e mentre leccava la ferita con la punta della sua fredda lingua che veniva scaldata dalle gocce di sangue che sgorgavano da quell’apertura, ebbi delle visioni…Mary, Feith, Seth…Mi chiedevano aiuto come se stessero sprofondando nelle gole dell’Inferno, tendevano le mani verso di me, ma io non potevo aiutarli…Tutt’ad un tratto si tirò indietro…Non so cosa gli fosse successo, mi fissava negli occhi insistentemente, io provavo a sfidarlo con uno sguardo altrettanto penetrante…Ovviamente io con quello sguardo non potevo ottenere molto, ma istintivamente reagì così…
Cosa era successo? Che aveva letto tra i miei pensieri che lo aveva turbato tanto? Il suo gelido sguardo continuava a sfidarmi, “Non devo mostrarmi debole” pensai insistentemente, lui sorrise quasi per prendermi in giro. Continuava a serrarmi i polsi tra le sue gelide mani che, dopo aver leccato qualche goccia del mio sangue, cominciarono a prendere un colore più vivido.
Non sapevo ancora come si chiamasse. “Vorresti proprio saperlo?” chiese con un mezzo sorriso demoniaco “Si” risposi seria e incuriosita, “Ebbene io mi chiamo Lord Henry”.
Lo guardai pensando che stesse scherzando e volevo ridere ma mi trattenni. “Che c’è da ridere? Forse non metto così paura come avrei voluto?” disse con voce arrogante e minacciosa “No,” risposi, “solo che è strano di questi tempi incontrare un Lord, tutto qua”
“Tu hai letto molte cose riguardo la mia specie, n’è vero?” “Si” risposi cercando di capire dove volesse arrivare.
Si tuffò di nuovo sulla ferita che lasciava sgorgare fuori lacrime di sangue, le leccò facendomi andare in estasi, sentivo un brivido per tutto il corpo. Bruciava quella parte di carne lacerata dai suoi canini, ma era un bruciore che stranamente portava con sé un lento piacere che si propagava in tutte le mie membra, portandomi in due secondi al Settimo Cielo e scaraventandomi in altrettanto tempo nelle profonde gole dell’Inferno.
Sempre tenendomi per i polsi, ci spostammo e mi portò nel boschetto vicino al parco. Temetti di incontrare li un branco di vampiri assatanati che volevano farmi fuori in poco tempo. Mi lasciò i polsi “Non ti farò del male” disse rassicurandomi, c’era qualcosa di strano in quel vampiro, aveva capito qualcosa, non so cosa di preciso ma c’era qualcosa nella mia testa che lo turbava e che lo aveva fatto indietreggiare pochi secondi fa.
Mi strinse tra le sue braccia, così forte che riuscì a sentire la muscolatura lievemente accennata del suo petto, freddo anch’esso. Arrossì. Non sapevo il perché di quel gesto, ma non mi dispiacque. Scese lentamente il suo viso sul mio collo, affondando nuovamente su quella ferita che i suoi denti brillanti e bianchi, che ora vedevo più chiaramente. Ricominciai ad avere delle visioni, questa volta della mia vita (la cena in pizzeria con Seth, le chiacchierate con Feith, le coccole che io e Mary ci scambiavamo ogni tanto), distolte improvvisamente da alcune scene della sua vita…Credevo fosse lui, vedevo dei ricci perfetti cadere su un viso angelico, dolce e con lineamenti delicati, uno sguardo penetrante…Stava soffrendo, si contorceva, si lamentava, attorno a lui era tutto buio…Erano immagini confuse, pensavo fosse il momento in cui si stava trasformando in quella ambigua e intrigante creatura e mi chiedevo come ci si potesse sentire durante la trasformazione, come accadeva, cosa si sentiva…Avevo molte domande in testa che quei libri non riuscivano a soddisfare…
Si bloccò di nuovo, mi strinse le spalle con le sue lunghe mani decorate con fastosi e colorati anelli.
“Dici davvero?” disse stranito, mi ero dimenticata che lui potesse leggere nel pensiero e lo fissai con uno sguardo volenteroso di sapere come ci si potesse sentire in quello stato…
Eravamo inghiottiti dall’oscurità di quel boschetto, che non avevo mai visto dall’interno…Tutti i genitori si raccomandano sempre con i figli di non avvicinarsi li "Per chissà quale strano motivo..." pensavo prima di quell’ inaspettato ma alquanto eccitante incontro.
Edited by Denny'89 - 19/9/2008, 12:10