I Vampiri - Gli Immortali!

L'Incubo che ho fatto, Vento

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view post Posted on 29/12/2008, 16:36     +1   -1





L’incubo della notte scorsa; ora a dirlo così può sembrare un’assurdità. Può non spaventare, ma tutto sta nel viverlo nel sogno. Perché nel sogno si può sperimentare paure che nella vita sarebbero troppo pericolose o assurde.
Scuola: era quello l’ambiente. Ma partiamo dall’inizio. Sognai di stare a casa. Stessa età di adesso ma con più di responsabilità. I miei fratelli erano andati a prendere delle legna per il camino a casa. Era mattina presto e con ciò c’era un po’ di freddo ma il sole non mancava. Come ora fuori dalla mia finestra.
In seguito i minuti erano trascorsi e io ancora non vedevo i miei fratelli “cosa sarà successo?” mi chiedevo soprappensiero. Poi guardai l’orologio appeso in legno e lessi che era mezzogiorno e mezzo. Era tardi! Dovevo aver fatto il pranzo! Nel sogno però non sapevo cosa fare “cosa faccio?” ero spaventata. Sentivo pure il bisogno di andare a chiamarli per farli tornare. Uscii di casa e mi ritrovai un cane grosso che leggeva la mia paura. Il tempo si stava oscurando e l’aria era più gelida. Si poteva notare le nuvole nere che avvolgevano il cielo in pochi attimi.
Accidenti, sentivo il terrore! Troppo presto per essere buio e io sapevo che stava succedendo qualcosa di terribile! E non sapevo cosa. Fu quello ad agitarmi? E che ne so! Tanto sta che ero spaventata e agitata. Mi chiedevo cosa dovevo fare, come farlo, mentre il cielo era già tutto buio, il cane girovagava come se quella fosse la sua casa da sempre e io mi rassicurai. Mi dissi che dovevo uscire. Uscii e me la chiusi alle spalle. Il cane mi guardò scodinzolando ed io avevo paura. Mi si avvicinò; mi stava annusando. Finsi di calmarmi e guardai verso la direzione dove erano andati i miei fratelli e sentii che era tutto silenzioso. Quel silenzio che sta per indicare qualcosa di terribile.
Poi come al solito il sogno diventa inspiegabile e rientrando a casa vedo che loro erano entrati ridendo mentre il cielo era ancora scuro e vedendomi tornarono seri dicendomi: <<dovevi essere lì.>> Bà!
Sempre lo stesso sogno ma in un altro luogo. Ero a scuola perché dovevo esserci (pur avendola finita da un bel po’.)
Nella stanza c’erano tutti quelli conosciuti dalla a alla z. e io ero diversa; non ero timida come il mio solito fare quando andavo a scuola ero solo intenzionata scoprire cosa stava succedendo; perché ancora tutto era avvolto nel mistero.
Mi venne così detto da uno che non conosco tutto ora che dovevo fare attenzione. Dentro di me si aleggiava il buco di chi non era andato a scuola per motivi famigliari e che ora era lì a dover capire tutto all’istante. <<cosa devo fare>> chiesi.
<<devi uscire e se è tutto tranquillo tornare subito a casa. È pericoloso stare fuori.>>
Per metà lo prendevo per pazzo mentre l’altra metà mi diceva che io sapevo che aveva ragione.
La campanella suonò e io mi preparai per uscire. Per uscire dovevamo strisciare perché lo spazio era angusto e tutto in salita con scalini molto alti. Sudavo ed ero spaventata. Non sapevo niente, loro forse non sapevano niente o mi stavano nascondendo qualcosa di ancora peggio. “Chi! o cosa!” ed era lì ad aspettarci? cos’era? Capii che era quello a spaventarmi. L’autobus potevo prenderlo se c’era quel coso misterioso a terrorizzarci? Quanti non sono tornati a casa per colpa di quell’essere misterioso che ora mi incuteva molto più terrore solo pensandoci? Dovevo tornare a casa a piedi! non ce l’avrei mai fatta! Impotenza, forza di volontà; io non volevo morire e sapevo che la sorte era segnata. Dovevo cavarmela con le mie sole forse e se sarei stata in pericolo nascondermi. Correre e basta. Mentre salivo cercavo di mettermi aventi più degli altri e nel tentativo la coda era lunga e rischiai di cadere a terra e a dover rifare tuta quella coda impossibile. Riuscii a reggermi. Ero seconda. Davanti a me c’era un ragazzino che invece di aprire all’istante la porta, molto piccola, lo faceva piano. Strappava pezzettini di carta che erano attaccati avanti a quella piccolissima porta. Pezzi di carta che avevano scritto i loro amici prima di uscire. Sentivo che loro erano al sicuro e noi no; nel stare lì ricordai la chiamata di mia nonna con una tizia. Mia nonna col telefonino (dopotutto era un sogno perché mia nonna non usa telefonini. Giammai!) risposi io credendo fosse un’approfittatrice. Sai, c’è molta gente d’oggi che ti può fregare con poco. Risposi con stizza: <<pronto!>>
La voce che mi rispose pareva quella di una ragazzina. Voleva parlare con la nonna ma io prima volevo sapere chi era. Lei mi dice che doveva uscire da scuola e che non aveva nessuno che l’accompagnasse a casa. Io le dissi che non sapevo dove abitava e lei fremente mi rassicurò che poteva abitare dome di pareva a lei. Voleva stare al sicuro.
Io accettai un po’ controvoglia, non avevo voglia di guidare… poi sentii delle grida. <<eccolo eccolo! Sta arrivando. Nascondetevi, no! è troppo tardi>>
Qualcuno gridò disperatamente altri chiamavano i nomi dei compagni persi. Lei smise di parlare al telefono prima di dire che oramai era troppo tardi. Io oramai ero decisa di andare da lei e forse era quello il motivo per a quale mi trovavo lì ora. Io la cercavo! Ecco perché!
La chiamata s’interruppe sentendo delle intercettazioni e poi un suono secco. Terribile! Tipo quello dell’osso che si spezza in due.
Il bambino aveva finito di aprire tutto. Mancava un pezzo di legno da togliere dalla piccola porta. Sapevo che lavato quello mi sarei ritrovata una corta galleria all’aperto. La galleria dove ella era sparita… o molto probabilmente morta. Mi sarei dovuta sentire in colpa nel sogno? Non so, non me lo ricordo con esattezza. So però che non uscimmo più tornammo indietro perché c’era qualcosa che non andava. Entrò una professoressa con il cagnolino che teneva un cappuccio da Babbo Natale. Ci sorrise e ci avvertì che dovevamo aspettare. Tutti sapevano perché e compresero. Io no però, accidenti! Volevo sapere il motivo, la ragione per la quale non si poteva. Cosa ci faceva rischiare la morte?
Ecco. Io lo chiesi e la professoressa, scocciata, mi accinse ad aprire definitamene la porta. Quella porta che ora era diventata indispensabile. Sapevo che potevo benissimo aspettare. Calmassi ma le chiesi che preferivo sapere prima di andare sul materiale.
<<vento>> mi rispose una che conoscevo. <<molto vento.>>
<<quasi un uragano>> mi disse un’altra. Compare quando meno te l’aspetti e ti porta via. Ti uccide. Molti sono morti. E noi stiamo rischiando la vita per tornare a casa. Nessuno ci può salvare. Non lo sa nessuno. Solo noi.>>
Il bambino sorrideva e raccoglieva quei pezzi di carta che pareva gli fossero mancati così tanto e che dicessero scherzosamente <<ce la farai. Sarai a casa.>>
Io capii e me ne stetti in silenzio ad aspettare ascoltando ancora una voce di quella donna che diceva gentilmente al bambino <<raccogli i piccoli ricordi che ti hanno lasciato e versando una lacrima non li cercare se non li trovi…>>

Ecco tutto. Il mio sogno finisce qui.
Un sogno strano, come i soliti. Che quando mi sono svegliata mi ha spaventato. Bho!
 
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