| Dopo secoli di taciturne e solitarie riflessioni,
sepolto dalla copiosa polvere del tempo e dall’indistinto mutare delle stagioni,
difficilmente avrei immaginato di riascoltare la tua voce
che come un caldo sussurro in una gelida notte invernale avrebbe rimesso in moto un cuore ormai silente, intorpidito dall’ozio rassegnato e dalla indifferenza sopraggiunta senza preavviso, come una morsa sul petto che pian piano ho imparato a sopportare ed a far mia compagna.
Il moto gentile ed umettato delle tue labbra, luminose e roventi, come una scintilla sfuggita speranzosa alla confusa trama di un braciere quasi esausto, si materializzava nell’ultimo dei miei sogni incidendo un fendente profondo nel greve strumento della mia atrofia, squarciandone dapprima i cardini e poi disgregandone ogni elemento, fino a lasciare nuovamente nudo il petto e vulnerabile il mio cuore.
Così incidesti con i tuoi felini artigli, nella carne viva, la parola che da la vita e, così, per tuo puro capriccio mi rivolesti al tuo cospetto.
Non ti ho mai chiesto di tornare, ma d’altra parte ho sempre saputo che la tua natura libera, emancipata ed indomita non contempla inviti di sorta.
Tu scorri ovunque come l’aria, ribolli senza sosta con la fresca irruenza di un giovane torrente, cali sulle vite come la notte, e non bussi mai prima di entrare, né ti annunci prima di sedurre l’ingenuo di turno, lasciando solo un triste, desolato ed attonito silenzio dopo il tuo passaggio.
Domande che non troveranno mai risposta nel tempo limitato di un mortale ed è forse per questo, che mi concedesti tutto il tempo e di più ancora per comprendere la tua essenza.
Mentre mi affaccio titubante sulla soglia del mio sepolcro, come una pallida statua perfetta e tornita nel più pregiato e candido marmo, mi aspetti evanescente, vestita di sottili veli e dolci promesse sul verde palcoscenico del mio risveglio.
Fluttuano incostanti i tuoi fulvi capelli, scomposti eppur perfettamente pettinati dalla tramontana, meravigliosa cornice danzate a valorizzare un volto che non ha conosciuto mai eguali per bellezza sin dai tempi primi in cui il giardino t’ospitò.
Così, allungando le tue dita, sottili ed affusolate, come piuma delicata disegni l’etereo spartito su cui si stagliano le nuove note del battito del cuore, così richiamato dall’ipnotica melodia dei tuoi impercettibili sussurri mi costringi, avvinto a te, antica delizia e dannazione.
Il tuo nome contiene ogni forza della natura ed il tuo corpo è lussureggiante promessa di passione.
Lasciami ancora naufragare un’istante nel verde berillio dei tuoi occhi, senza accostare d’un passo oltre le tue labbra alle mie, lasciami assaporare ancora un attimo l’attesa mentre il tepore dei tuoi seni si trasforma già nel giaciglio rovente di ogni mio recondito desiderio ed il tuo abbraccio mi avvolge nella dimensione infuocata del tuo regno.
Sei l’amore eterno che dura un’istante, lo stesso istante di cui si compone, in una sequenza infinita, il tempo.
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